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Raffaello Tolomei (1883 – 1966)

Raffaello Tolomei (1883 – 1966)

È un decoratore nato a Viareggio il 30 marzo del 1883, da Angelo e Cherubina Morescalchi. Inizia la sua attività di costruttore del Carnevale all’epoca dei “trionfi”. Negli anni Ottanta del XIX secolo, a pochi anni dalla data che segna la nascita del Carnevale di Viareggio, oltre alle carrozze animate da maschere e giovani gaudenti, cominciano ad apparire nelle sfilate i cosiddetti carri trionfali. Sono costruzioni statiche, dedicate alle invenzioni dell’epoca o al progresso scientifico, realizzate con gesso, scagliola, legno e ferro: pesanti sculture trainate da coppie di buoi. Spesso i figuranti a bordo erano costretti all’immobilità; il carro in questi casi era un “tableau vivant” che aveva ben poco del brio carnevalesco come lo conosciamo oggi.

Nel 1907 Raffaello Tolomei costruisce “L’agricoltura”, un carro trionfale di cui è rimasto il bozzetto. Una struttura semplice, sviluppata in verticale: su un pilastro classico vi è una sfera – il mondo – con la scritta “Iniziativa”, a sua volta sormontata da una scultura che rappresenta Cerere o Demetra (la dea delle messi). Sul basamento, delle contadinelle portano cesti con i doni della terra.
Un altro carro trionfale, o comunque di segno simbolico, di Tolomei è “La bellezza vince la forza”, del 1908. Il carro fu uno dei primi ad utilizzare la carta di giornale. I due leoni in primo piano erano realizzati con vecchi giornali impastati insieme con colla di farina e fissati sulle “ossature” delle figure, allestite con legno, filo di ferro e cannicci. Non siamo ancora ai calci realizzati con la creta, ma la carta di giornale comincia a fare la sua apparizione. I leoni erano imbrigliati da un tale Veturio, vestito da donna, che teneva così al guinzaglio i due grossi felini.

Seguendo l’evoluzione costruttiva del primo dopoguerra, Tolomei costruisce per il Carnevale del 1921 uno dei pochi carri di significato indubbiamente politico di quel periodo. “I pescicani al traguardo del fisco” mette alla berlina i profittatori di guerra, vale a dire gli imprenditori di pochi scrupoli che si erano arricchiti durante il primo conflitto mondiale. Il carro mostra un pescecane sormontato da capitalisti con la tuba. E lo Stato che fa? È impotente, perché gli uomini del fisco, che dovrebbero dare la caccia al pescecane, annaspano su una barchetta e hanno a disposizione solo ridicole lenze, del tutto inadeguate allo scopo. E infatti la presentazione della rivista ufficiale recitava così: «pure di natura politica, nonostante il voluto fine di moralità pubblica, è il carro che rappresenta: “I pescicani al traguardo del fisco”. Sulla groppa di un grosso pescecane, navigano vari arricchiti di guerra, ostentando la malizia di averla fatta in barba al fisco raffigurato da una barca che mette in azione mezzi semplici di pesca». Carro percepito come “politico” anche dai contemporanei, secondo l’interpretazione di Angelo Malfatti: «non solo i simboli finanziari che i mascheroni portano sottobraccio (titoli azionari) stanno ad indicare il loro strapotere, ma la potenza rappresentata dal pescecane (enorme rispetto alla barca del fisco) vuole essere l’ammonimento che i pescicani possono stritolare lo Stato. Sono loro, i pescicani, che comandano».

Nel 1923, Tolomei firma il carro “La maschera regionale toscana”, un uccello di grandi proporzioni che trasporta a Viareggio la maschera fiorentina di Stenterello: una costruzione di buona fattura che conquista il secondo premio. La vittoria arriva l’anno dopo, con “un sogno dopo un’orgia carnevalesca” (detto anche “I draghi”), il carro più amato da Mario Tobino, che nel libro “Sulla spiaggia e di là dal molo” ne ha tessuto un elogio appassionato. Rappresenta un “giovinastro” alle prese con gli incubi del dopo veglione. Ha fatto i bagordi, ha mangiato, bevuto e amoreggiato, e adesso in sogno gli appaiono giganteschi draghi, Un’azzeccata canzonetta, parole di Curzio Caprili, musica di un anonimo, completava l’effetto della riuscita costruzione carnevalesca:

«Andasti o giovinastro al gran veglione
al braccio ti abbiam visto di una bionda
e ci facevi il nesci e il burbiglione
mentre palpavi l’anca sua rotonda»

La canzone piacque talmente al quattordicenne Tobino che nel già citato libro del 1966, ne fece addirittura una puntuale esegesi, e anche da anziano gli capitava spesso di canticchiarla.

Nel 1925 Tolomei conquista un altro secondo premio, con “Viareggio in Carnevale”, ma dopo quell’anno non figura più tra i costruttori del Carnevale di Viareggio. Si sa che emigrò in Francia, stabilendosi a Nizza dove collaborò con successo alla realizzazione dei carri che animavano le parate della cittadina francese. Rientrò a Viareggio durante il secondo conflitto mondiale, nel novembre del 1941. Il suo congedo definitivo dal Carnevale avvenne nel 1946, alla ripresa dei corsi mascherati, ma fu particolarmente sfortunato. Il carro “La rinascita del carnevale”, progettato con Carlo Bomberini, non piacque, tanto che fu squalificato dalla giuria e dileggiato dal pubblico. Rappresentava un Re Carnevale che veniva condotto a Viareggio su una barca dalla madre soddisfatta. Ci fu subito una lite fra l’anziano carrista e Carlo Bomberini, che abbandonò l’impresa. I testimoni riferiscono che Tolomei, già sessantatreenne, lavorò poco al carro. È probabile che l’opera sia stata realizzata dal fratello Lino (nato nel 1899), evidentemente meno dotato: Lino firmerà anche un altro carro due anni dopo, “Giuochi romani”, altrettanto modesto (risultò “non classificato” nel giudizio della giuria). Questa conclusione infelice non intacca il valore dell’opera complessiva di Tolomei, che nel 1954 lasciò Viareggio per trasferirsi a Capannoni. Dal 1958 fu a Pisa, dove morì il 13 luglio 1966.

  • 1907 “Il trionfo dell’agricoltura”
  • 1908 “La bellezza vinca la forza”
  • 1921 “I pescicani al traguardo del fisco” (Terzo premio)
  • 1923 “La maschera regionale toscana” (Secondo Premio)
  • 1924 “Un sogno dopo un’orgia carnevalesca” (Primo premio)
  • 1925 “Viareggio in Carnevale” (Secondo premio)
  • 1946 “La rinascita del Carnevale” (non classificato)

di Umberto Guidi