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Le canzoni del Carnevale dal 1980 al 1989

Le canzoni del Carnevale dal 1980 al 1989

I testi delle Canzonette dei Rioni li potete trovare in questa pagina.

I testi delle canzoni del Carnevale di Viareggio dal 1980 al 1989. Potete ascoltare i brani e leggere i testi qua sotto:

Toglieteci ogni festa
saltiamo la minestra
però non ci toccà la canzonetta.
Rinunceremo a Gasman
a Sordi ad Albertazzi,
ma se ci manca le’ diventiam pazzi
è come ci sparisse il mare
è come si spegnesse il sole
o come al’improvviso
si ripudiasse il carnevale.
Attore oppure spettatore
nessuna differenza c’è
anche se sono qui in scena
lo sai che sono come te.
Mi impegno la giacchetta
un mese stò a bolletta
però voglio vedè la canzonetta
in palco o in platea
in piedi o in galleria.
Mi sembra come d’esse a casa mia
un delafia detto in teatro.
Per noi val più d’un grande acuto
è come ritrovà
un vecchio amico che hai perduto.
Attore oppure spettatore
nessuna differenza c’è
e anche se sono qui in scena
lo sai che sono come te.

L’abbiamo nella rena bimba mia
è un detto o meglio una filosofia
che abbiamo qui a Viareggio
per dire come va
lo senti dì da Beppe, da Cecco da mi pa’
lo poi senti se vai a pescà l’anguille
da Tono se ni girino le palle
lo dinno lì al piazzone
al Principe un lo so
o quando un c’hai palanche
e firmi un pagherò.
Oppure in gradinata alla partita
quando il pallone in rete un vole entrà
lo dice chi ha lo sfratto
e un sa dove andà a stà
lo dice chi lo yotte non ce l’ha
la ra la la, la ra la la.
L’abbiamo nella rena è il nostro motto
perché per noi la rena vol dì tutto
vol di casa e panciotto, teatro e varietà
vol di pane e pancotto, cecina e baccalà,
e quando vedi i vecchi lì sul molo
che credi che si dinno tra di loro
e quando all’ospedale ti venghino a trovà
o quando la maestra ti vole interogà
saremo sciabigotti però è bello
avè solo la rena nel cervello,
è come avè Viareggio rinchiusa dentro lì
ma queste cose te un lè poi capì
La ra la la, la ra la la.

dal minuto 16:32 al minuto 18:26

Fu messa al bando,
ma strada facendo
fra i mille pini di questa città
la professione più antica del mondo
ha ritrovato la sua dignità.
A tutte l’ore
fra i pruni e le more
per poche lire e per tutte l’età
son disponibili quelle signore
per fare un piacere
a chi amore non ha.

Le donnine dei tigli
non son candidi gigli
né bambine che colgono fior.
Son la finta passione,
la breve emozione
che nasce, t’illude e poi muor.
Senza impegni di cuore
son quelle signore
che vedon l’amore anche se
quell’amore fra i tigli
sembra amore, ma amore non è.

La Gabriella, la napoletana,
la siciliana di Canicattì,
la Nannarella di Porta Pinciana
e un’algerina di nome Mary.
Bocche di rosa, ma è certo Beatrice
la più che piace, perché è di Forlì,
ma non è certo felice Beatrice
per colpa si dice
dell’austerity.

Le donnine dei tigli
non son candidi gigli
né bambine che colgono fior.
Son la finta passione,
la breve emozione
che nasce, t’illude e poi muor.
Senza impegni di cuore
son quelle signore
che vedon l’amore anche se
quell’amore fra i tigli
sembra amore, ma amore non è.

O mamma, o mamma! gridava Evaristo
laggiù nascosto ho intravisto papà.
Non lo contesto, ma proprio in quel posto
Così nascosto che cosa ci fa.
Mille i misteri del sesso, più cento
nessuno al mondo scoprirli saprà,
si vede, oh bimbo, che a babbo ogni tanto
un letto soltanto
non gli basterà.

Le donnine dei tigli
non son candidi gigli
né bambine che colgono fior.
Son la finta passione,
la breve emozione
che nasce, t’illude e poi muor.
Senza impegni di cuore
son quelle signore
che vedon l’amore anche se
quell’amore fra i tigli
sembra amore, ma amore non è.

Fatta di legno asciutto dal ’48 al ’93,
c’era a Viareggio tutto lo stesso aspetto che aveva il west,
c’era un salone matto gremito e fitto fino alle tre,
micci e cavalli al trotto, le mosche a pietto come nel west,
fornello a carbonella, la pasta frolla, la panzanè,
il sugo dell’angluilla, farina gialla la mesti te,
i crampi alle budella, Marianna bella, devi sapè,
‘un’erin salmonella, ma cacarella come nel west…

Yuppe di vì, yuppe di là,
sai cosa faccio, allungo un braccio
e prendo al laccio un’altra età…
Yuppe di vì, yuppe di là,
monto a cavallo e tiro in ballo la mia città.

Il ceneraccio, il neccio, la menta, il ciuccio per il bebè,
il ricciolo a capriccio, la grosta, il moccio, l’aringa in tre,
il piede sul baroccio, si va allo spaccio di Caccarè,
quel vecchio seccariccio col culo diaccio come nel west.
Del medico Stringari, di velli veri, si dice che
per tutti i su’ piaceri facesse pari con un caffè…
Fistole e raffreddori, malanni vari, ma che cascè!
anche ne’ mali seri solo i cristeri come nel west.

Yuppe di vì, yuppe di là,
sai cosa faccio, allungo un braccio
e prendo al laccio un’altra età…
Yuppe di vì, yuppe di là,
monto a cavallo e tiro in ballo la mia città.

Dpo le febbri gialle prese alla Antille, Meo di Garè
campava sulle spalle di zi’ Mandolle, di zi’ Terè,
avvolto in uno scialle stava in panciolle fori a sedè,
grattandosi la pelle sotto le palle come nel west!
C’era un budello solo, la dava a calo sul canapè
che per un atto impuro chiedeva l’oro come nel west,
Nestore il barcaiolo che amava il pelo così com’è,
ci rimediò lo scolo, guarì da solo, come nel west.

Yuppe di vì, yuppe di là,
sai cosa faccio, allungo un braccio
e prendo al laccio un’altra età…
Yuppe di vì, yuppe di là,
monto a cavallo e tiro in ballo la mia città.

Tornavano di sera dalla brughiera come nel west
i tori di Beghera, la vacca nera di Patanè,
la diligenza chiara con sonagliere, è passata l’è
Viareggio empito s’era di ciotte in tera come nel west.
In capo la bombetta, la vita stretta sotto il gilè,
le scarpe di vacchetta, la camicetta come nel west,
la giga, la gavotta ballata in fretta sopra il palchè
ed un fottio di potta, magari ritta come nel west.

Yuppe di vì, yuppe di là,
sai cosa faccio, allungo un braccio
e prendo al laccio un’altra età…
Yuppe di vì, yuppe di là,
monto a cavallo e tiro in ballo la mia città.

Ci sei mai stata sui viali in passeggiata
o l’hai mai vista del corso la sfilata
o camminando verso sera lì sul molo,
ti sei mai accorta di che colore è il cielo,
hai mai aspirato il profumo del salmastro,
o hai mai assaggiato
il sapore del cacciucco,
t’è mai successo di fa un bagno al vialone
o di fa un ballo alla festa del rione,
tu avessi avuto tutte queste cose qui
io son sicuro un mi diresti mai cosi…
Come lè un ce n’è
poi girà poi cercà finche vuoi
poi indagà domandà,
ma con lè un c’è niente da fa,
ha un qualcosa sempre in più
di quello che pensi tu
se t’han detto che c’è uguale
di a lullì che un è normale
come lè un ce n’è,
un ce n’è un ce n’è un ce n’è,
e un qualcosa che un si può spiegà
è un miracolo che un si ripeterà.
Come lè un ce n’è
e un ce ne sarà!

dal minuto 8:55 al minuto 11:41

Festa del rione per noi
è quell’occasione che mai
per nessuna cosa vogliamo rinunciare
tradizione quando viene carnevale.
Quando passeremo io e te
quando sfileremo io e te
quando noi ragazze farem così
dalla gioia sento che potrei svenì,
io sarò
Fred Astaire,
io farò la Monroe,
ballerò alla Gene Kelly,
io sarò Liza Minelli,
Judy Garland
ecchele là,
Mike Roney
io so imitar,
Frank Sinatra
il gran cantante,
io sarò Jimmy Durante…
Una mascherata così
certo un gran successo otterà
questa è la felicità
É sarà applaudita all’unanimità
per le vie della città
al Varignano, alla Migliarina
al Marco Polo, in darsena toscana
ai quattro venti al piazzone o lì alla tore
al rione mare vincerà…
festa del rione per noi
è quell’occasione che mai
per nessuna cosa vogliamo rinuncià.
Questa è felicità.

Viareggio vuol dir Carnevale
è il ruolo che il mondo gli dà
nessuno lo può interpretare
col gusto di questa città,
Il cielo è il suo primo attore
dal mare la sua musica avrà
il cuore gli fa le parole
e il sole le luci gli dà…
e la canzone che canti
ti seguirà dovunque andrai,
è come un eco che senti
non ti abbandonerà mai.
Viareggio è la “star” del sorriso
ha l’occhio che dà il buonumor
non usa mai il trucco sul viso
la pelle l’ha in tecnicolor.
Viareggio quand’è carnevale
è un film in cinemascope.

Il carnevale,
è quel gran matto,
che se ti piglia lascia il segno dappertutto.
Fa conto sia, una malattia,
e per la vita un ce la fai a mandallo via.
T’entra nel sangue e nelle vene
e stai sicuro che ti fa bene.
È un’iniezione di simpatia
in questo mondo che ha bisogno d’allegria
ci poi contà a tutte l’ore
in quei momenti quando sei di malumore.
T’apre le braccia con un sorriso
e non gli importa di come hai il viso.
Il carnevale,
un ni da retta
a chi t’ha detto che è soltanto una macchietta
si fa col cuore e col cervello
e quel che brutto Lù fa bello
ma per avello devi veni qui.
ma per avello devi veni qui!

Basta scende’ il Cavalcavia
sentì dì delafia
e il resto vien da sé

Lascia perdere l’etichetta
ti giri la giacchetta
eppò danni Terè

L’importante che tu abbia dentro
quel nostro sentimento
che non si può comprà
ci si nasce da bamboretti
ce lo lascino i vecchi
come un’eredità.

Un coriandolo, un pizzicotto
una sbornia vicino al fosso
un ballo con quella là
è il nostro Carneval, il nostro Carneval!

Senza avvisa’ nessuno
un giorno ci hai lasciato
ma piglieresti un granchio
a dì che t’ho scordato
amico mio, Picciù

Viareggio ti vuol bene
e parla ancor di te
lo sento nei caffè!

Non ho più visto un aquilone volare
sul mare
lo sai che un ni fan più
da quando un ci sei tu

Con quanta nostalgia ti pensa la mia zia
e te un’ ci crederesti
ma i bamboretti stessi sanno di te

Picciù!
Ormai sei nella storia di questa tua città
l’ha detto anche mi’ pà.
T’immaginiamo come un bianco aquilone
nel cielo
perché se il cielo c’è
ci va la gente come te….

Senza avvisa’ nessuno un giorno ci hai lasciato
ma piglieresti un granchio a dì che t’ho scordato
mi manchi sai Picciù
perché hai portato via con te
quella Viareggio che garbava a me!

Senza avvisa’ nessuno un giorno ci hai lasciato
ma piglieresti un granchio a dì che t’ho scordato
mi manchi sai Picciù.

Viareggio ti vuol bene
e parla ancor di te
lo sento nei caffè!
T’immaginiamo come un bianco aquilone
nel cielo
perché se il cielo c’è
ci va la gente come te…

Senza avvisa’ nessuno un giorno ci hai lasciato
ma piglieresti un granchio a dì che t’ho scordato
mi manchi sai Picciù
perché hai portato via con te
quella Viareggio che garbava a me!

Picciù, Picciù
a me, Picciù…

Solo tu viareggino poi cambià
il destino di questa tù città;
non capisci che solamente tu
poi ridargli quel che ora non ha più.
Lascia stà ogni lite ed ambizione
metti il cuore e la testa in ogni azione
e così lè ritornerà
quella perla che era tempo fa.
Si lo so il blasone ora è un po’ giù
ma a rialzarlo non puoi che essere tu,
se t’impegni vedrai che ce la fai
altrimenti che salmastroso sei.
Solo tu viareggino, se lo vuoi
tornerà miliardaria questa tua città.

Viareggio e carnevale
è l’alimentazione
se vuoi vedè tuo figlio
forte come un leone
pineta di ponente, pineta di levante
e dopo quattro mesi vedrai sarà un gigante
un soffio di libeccio
due passi in cima al molo
è come tu li dessi
tre chili di tritolo
e dinni in un orecchio
che se c’ha donne bone
un stia a fa’ de discorsi
le porti al vialone.
Questa medicina
grande lo farà
ce l’ha data il cielo
in esclusività
Viareggio e carnevale
per fallo sano e bello
un fusto di ragazzo
però tutto cervello
col fosforo di triglia
un ti meraviglià
se diverrà docente
all’università
Viareggio e carnevale
a lù ni devi da’
e quando sarà grande ti ringrazierà
e quando sarà grande ti ringrazierà.

Non c’è cosa più gustosa sulla terra
che avè in bocca te, mia cara anguilla cea
il buon Dio quel giorno volle generà
certo il meglio della culinarietà.
Di Viareggio sei la celebrità anguilla cea
sei la mia dea
sei la più sexy di
tutti i pesci.
Quando passeggi lungo il canale
con quel to’ corpo dolce e sottile
dell’eleganza tu sei la regina
sei più eccitante di Marilina.
Perciò ogni notte io sono qui
a piglià il fresco per un tuo si
anguilla cea mi fai impazzi!

Per campa’ mi accontento
di tre nicchi
una briscola, un tressette
e du’ necci per dessert
Posso sta’ senza beve
un doppio whisky
e il caviale ed il patè
io te li regalo a te

Ma un mi leva’ quattro passi sul molo
con il Maccioni che parla da solo
come vivrei senza vede’ la Zoria
Son certo che io morirei di nostalgia
e un mi sgrida’ se non sto per benino
voglio grida’ quando passa Moschino
lasciami sta’ quando lo sai mi piglia il male
e anco d’Agosto io voglio fa’ Carnevale

E qui a Viareggio siam tutti così
forse dipende dall’aria di qui:
guai se mi tocchi il mio sabbiodotto
che non funziona perché è nato rotto
e la Salov profuma per me
anco di più del miglior Chanel
Ora hai capito, ora sai perché
abbiamo perso la testa per te

Extraviareggino
tu diventerai superviareggino insieme a noi
anche se tu sei
un po’ collegiale.
lo ti sveglierò con il Carnevale.
Innamorato di Viareggio
come un cretino
dovrai gridare a tutto il mondo
son superviareggino…ino, ino
extraviareggino
io lo sento già
che il salmastro in te
sta per entrà.

Notte, d’anguille cee
gente, che viene e va
freddo dentro le vene
ma grande felicità.
Sembra la passeggiata
il molo visto così
luci di acetilene
il fosso fanno più kitsch
la luna si specchia in mare
al passo delle lampare
e un canto di carnevale.
Si sente per la città…
cielo resta sereno
stelle state a guardare
non vi perdete il massimo
che un occhio può ammirar.

Viareggio è fatta per gli innamorati
perché dal cielo è caduta qui.
E come una cometa tutta baci
ma non si spengerà neanco a morì.
Vedella e come dì ti voglio bene
e per la vita non ti lascio più.
Ti prende il cuore t’entra nelle vene
perché all’amore le ni dà del tu
è tanto dolce in ogni sua espressione
e l’allegria è nata insieme a lè.
Ogni panchina canta una canzone
ogni cespuglio è una carçonniere
Viareggio è fatta per volessi bene
nelle sue labbra c’è soltanto il sì
perciò quando un amore è nato qui
dura tutta la vita, un po’ finì.

Ti porterò, dentro il cuore, perché,
girando il mondo, più cara mi sei.
Oh, Viareggio, sei il mio concerto d’amore,
sei l’eterna canzone di felicità.
Ti porterò, dentro il cuore, con me,
qualunque strada domani farò.
Questi giorni che sto vivendo,
dolcissima mia città,
nemmeno il tempo lo sai ruberà

Ti porterò dentro il cuore, con me,
qualunque strada, domani farò
Questi giorni che sto vivendo,
dolcissima mia città,
nemmeno il tempo, lo sai ruberà
Questi giorni che mi regali,
dolcissima mia città,
nemmeno il tempo, lo sai ruberà!

Quando uno è innamorato come lo sono io
e sempre un po’ geloso dell’amore suo
e diventa anche cattivo
ed io faccio anche peggio
perché sono stracotto
di tutto quello che c’è qui a Viareggio…
Per un camuciolo nel vialone
faccio a cazzotti fino a motrone
davanti a un platano di piazza grande
io mi commuovo in su l’istante
una pinella della lecciona
la tengo cara come un diploma
e nelle foglie de giardinetti
io ci ripongo tutti i mì affetti
perché Viareggino vale per me
tutte le cose che voglio avè.
Co un piscialletto del Terminetto
io ci rinnovo il doppio petto
per me discende il cavalcavia
e come vince la lotteria,
se vado a piedi al Varignano
e come fossi in aereoplano,
se pesco un granchio di dentro il fosso
dall’emozione mi caco sotto
perché Viareggino vale per me
tutte le cose che voglio avè.
Un mi dì male del carnevale
son permaloso ci resto male
un buttà carta in passeggiata
se no s’ammazza la mì cognata,
se non voi fare brutte figure
ama la piazza delle paure
ricorda sempre se vai sul molo
che in tutto il mondo ce n’è uno solo
perché Viareggino resta per me
il non plus ultra che poi vedè
se comandassi questa città
io per vedella farei pagà.

Carnival, è più chiaro il mio futuro quando sei con me
Carnival, nel tuo magico respiro voglio credere
Carnival, mi riconosco in te
Carnival, voglia di ridere

Questa mia città racchiude un mondo dentro se,
in ogni pagina che va,
leggendo favola per me e la realtà.
Nella mia città via tutto il mondo intorno a se.
Potrà cambiare la realtà,
ma quel che c’era in ogni pagina che va.
e rivivrà solo per noi
e rivivrà solo per noi

Carnival, è più chiaro il mio futuro quando sei con me
Carnival, nel tuo magico respiro voglio credere
Carnival, mi riconosco in te
Carnival, voglia di ridere

Ti ritroverai nel vento che ci porta su,
insieme ai vecchi marinai,
l’amore, il grande mare blu
Solamente lui e il vento che ci porta su,
con questi vecchi marinai,
l’amore, il grande mare blu, che più non hai.
E rivivrà solo per noi,
e rivivrà solo per noi.

Carnival, è più chiaro il mio futuro quando sei con me
Carnival, nel tuo magico respiro voglio credere
Carnival, mi riconosco in te
Carnival, voglia di ridere (X5)

Natale è già passato da quel dì,
l’estate ‘un la riordo proprio più,
Maria te ne sei andata senza di’
che il ganzo ce l’avevi per ingiù;
ma ora io mi voglio vendicà
oh Viareggina io ti vo’ bacià
andiamo a quel rione,
ci scoliamo un bottiglione,
così poi ti decidi e me la dai….

Andiamo a fare quattro passi in riva al mare,
che te lo faccio senti’ io ‘sto Carnevale,
prendiamo l’onde che ci portino laggiù
o me la dai o non ne posso proprio più…
Oh delafia quanto la fai palloccorosa
incominciamo un popoino a fa’ qualcosa,
su dammi un bacio sulla bocca,
ma di velli che rischiocca
‘na carezza e il resto vien da sé.

Viareggio è una città da incornicià,
migliaia son le bimbe da beccà,
però nessuna vale più di te
e adesso io ti dio anco il perché
quando mi stringi forte da morì
mi sento dentro tutto ribollì
su dammi quella cosa,
dai non fa’ la schizzignosa,
che tanto ce n’hai voglia quanto me.

Andiamo a fare quattro passi in riva al mare
che te lo faccio sentì io ‘sto Carnevale,
prendiamo l’onde che ci portino laggiù
o mela dai o non ne posso proprio più.
Oh delafia, ma datti un po’ una regolata,
vabbè che te l’avevo chiesta e me l’hai data
ma di’…quant’è che ‘un no facevi,
da quant’è che digiunavi,
te una santa di sicuro non lo sei….

Mezzanotte è già passata,
ma sei sempre assatanata,
quando torno che gli invento io a mi mà?!

Boh!

Vieni a Viareggio, unisciti al baccanal,
viva Viareggio, regina del Carneval.
Lascia i pensieri e vieni con noi a danzar
già volentieri Viareggio ti sa aspettar.

Viareggio maschere e sole
quando impazza Carnevale, re giocondo
Viareggio ti bacia il mare
così bello non lo trovi in tutto il mondo…

Ti ride più azzurro il cielo,
mentre passa sul viale il gran corteggio.

Viareggio, mia città,
sei per me l’antico amor,
spiaggia di felicità
Carneval, Carneval, Carneval!

Passa il corteggio felice nel baccanal,
viva Viareggio, regina del Carneval…
le mascherine in corteggio danzeran,
non far moine, unisciti al Carneval…

Viareggio maschere e sole
quando impazza Carnevale, re giocondo
Viareggio ti bacia il mare
così bello non lo trovi in tutto il mondo…

Ti ride più azzurro il cielo,
mentre passa sul viale il gran corteggio.

Viareggio, mia città
sei per me l’antico amor,
spiaggia di felicità
Carneval, Carneval, Carneval!

Vieni a Viareggio, unisciti al baccanal,
viva Viareggio, regina del Carneval.
Lascia i pensieri e vieni con noi a danzar
già volentieri Viareggio ti sa aspettar.

Vieni a Viareggio, unisciti al baccanal,
viva Viareggio, regina del Carneval.
Lascia i pensieri e vieni con noi a danzar
già volentieri Viareggio ti sa aspettar.

Viareggio maschere e sole
quando impazza Carnevale, re giocondo
Viareggio ti bacia il mare
così bello non lo trovi in tutto il mondo…

Ti ride più azzurro il cielo,
mentre passa sul viale il gran corteggio.

Viareggio, mia città,
sei per me l’antico amor,
spiaggia di felicità
Carneval, Carneval,Carneval!
Passa il corteggio felice nel baccanal,
viva Viareggio, regina del Carneval…
le mascherine in corteggio danzeran,
non far moine, unisciti al Carneval…

Viareggio maschere e sole
quando impazza Carnevale, re giocondo

Viareggio ti bacia il mare
così bello non lo trovi in tutto il mondo…

Ti ride più azzurro il cielo,
mentre passa sul viale il gran corteggio

Viareggio, mia città,
sei per me l’antico amor,
spiaggia di felicità
Carneval, Carneval,Carneval!

Vieni a Viareggio, unisciti al baccanal,
viva Viareggio, regina del Carneval.
Lascia i pensieri e vieni con noi a danzar
già volentieri Viareggio ti sa aspettar.

Vieni a Viareggio, unisciti al baccanal,
viva Viareggio, regina del Carneval.
Lascia i pensieri e vieni con noi a danzar
già volentieri Viareggio ti sa aspettar.

Cielo…mare…stelle…luna
si danno appuntamento solo qui
nessuna notte poi vedè così!
Amore mio no, non è un miraggio
son cose che poi avè solo a Viareggio…
Vieni… guarda… senti… sogna
ti porterà con se una melodia
nel dolce mondo della fantasia
ma se ti svegli nulla cambierà
perché tu stai sognando la realtà
è un quadro quello che hai davanti a te,
avanti vieni e posaci con me.

Viareggio è un grande hotel,
aperto tutto l’anno
t’aspetta a carnevale
o quando voi fa il bagno.
Perché la sua stagione.
Mai fine non avrà
soltanto lei lo sai
può dar felicità..
La sua piscina è il mare,
pinete per giardino
la sabbia è la moquette
e il lift lo fa il bagnino,
la sua grande terrazza
si chiama passeggiata
è questa la città
che a te viene donata
Viareggio è un grand’hotel
Viareggio è un grand’hotel
che aspetta solo te.

G-G-G-Genoveffa!…
S-sono due ore che ti aspetto,
m-ma c-c’è un rumore
ed ho il sospetto,
questa volta non mi sbaglio
son sicuro che sei tu. Weee…
“Oggi quattordici agosto Sant’ Alfredo
il ministero delle comunicazioni sociali si è riunito…

Genoveffa!

Le b-bistecche sono nel f-frigo,
ma lo sai che me ne frego,
non m’importa di nutrirmi
se tu non sei qui con meeeee…

S.O.S
Affogo!! Salvami!!
S.O.S.
È un gioco!
Ma potrebbe durare di più,
ma fai presto che il disco finisce;
due minuti e poi tutto svanisce.

Eh sì! Eh già!
G-G-G-Genoveffa!

N-non c-cìè l-l’auto nel p-p-parcheggio,
io la b-bici la noleggio,
e ti giuro ti ritrovo
e ti faccio tutta blu!
Eeeeh…
Uuuuuuuh…
Uuuuuuuuuuh…
Eh si, eh già!
Uuuuuuuuh…
Eh si, eh già!

Eeeeeeeeh…
Ooooooh…
Eeeeeeeeh…
Genoveffa!
Ma lo sai ti voglio bene,
ed il calore del tuo amore;
e tu lo sai perché ti amo,
giuro non ti lascio più.

S.O.S
Affogo! Salvami tu.
S.O.S.
E’ un gioco,
ma potrebbe durare di più,
ma fai presto che il disco finisce,
due minuti e poi tutto svanisce.
Andiamoci piano! Andiamoci Piano!

Genoveffa!
Dimmi almeno dove sta,
la mia foto con papà
dimmi dove hai…
[crash!!]

Cerchi ogni giorno un’altra dimensione,
hai una siringa nella vena blu,
hai emarginato l’ultimo istrione
da che i ricordi non ti servon più…
Vecchio artigiano della fantasia,
chiudo la bottega demodé,
non trovo più clienti alla poesia,
ma soprattutto non ritrovo te.

Addio,
già tante volte amore mio
ti ho detto addio…
Addio, ma questa volta
è proprio l’ultima perché…
sulla tastiera discende la sera
e più storia non c’è…
Senza rimpianto è finito il racconto
che ho scritto per te…
Addio, ma nel mio cuor
rimani ancor, amore mio.

La maschera deposta d’istrione,
deposta ogni illusione, ogni ansietà,
salgo così sull’ultimo vagone
di un treno che mai più ritornerà…
e a te che feci donna, per magia
schiudo le porte della libertà,
sul calendario della vita mia
è giunto il giorno della verità…

Addio,
già tante volte amore mio
ti ho detto addio…
Addio, ma questa volta
è proprio l’ultima perché…
sulla tastiera discende la sera
e più storia non c’è…
Senza rimpianto è finito il racconto
che ho scritto per te…
Addio, ma nel mio cuor
rimani ancor, amore mio.

Se ho affittato?
Eh, e di’ c’ho affittato benino è di’ pogo;
te guardimi ne le sembianze gioiose
e po’ datti a la fantasia più disfrenata.
Oh Tere?, una mandata di comparita come guest’anno
un si vedeva dalla calata de’ longobardi.

Una festa per l’occhi,
oh un mi civien guasi da piange’ per la commozione;
più dimando al mi’ marito,
ni denno la medaglia al valore,
perchè ne la disfatta di Caporetto
s’era ritirato adagio.

M’han portato l’orgoglio in famiglia, e un dico oltre;
gente in su, e un mi fa’ parlare:
marito, moglie, e du’ infanti;
loro li chiamino così.
Pensa un po’:
camera, salotto, cucina e comodo;
cucina e comodo in condominio,
noi mangiamo nel sottoscala perchè ci fa più fresco.

Anditino a senso unico,
uno passa, vell’altro aspetta;
pensa un po che riguardi,
di dove? Di Pievesenatico.
Io sento parla’ di un castello col pone lavatoio, e non mi pronuncio oltre.
Cosa? Eh eh, e un vorai miga mette i mi’ bagnanti co’ tui…
Oh di ‘ase raccomandate dall’azienda economa in via Chimene,
c’è soltanto la mia.
Come perché? Perché dopo la mi’ ‘asa vien subito l’albergo!

Son tanto perbenino
rigovernino da se,
non sporchino il crusino
non t’incrinino il bide’,
non porta il borsalino
ne ‘rilogio nel gile’;
le pare un figurino
e a la mesce nel tupe’.
Bagnanti, bagnanti,
il meglio en capitati a me.

De’ burbiglioni ad argiso,
te senti le rote che ci sono in quel nome lì;
a la guera degl’ incrociati
il su’ bisnonno ci perse un orecchio,
per me lullì è marchese
un lo dice, ma lo fa capi’.
Lì en palle su lo stemma un si scappa.
Oh le è una bellezza oh si,
dovresti vede’ il portamento di quella donna,
t’apre la porta del comodo,
come se dovesse entrare ne la sala del viense regale.
I du’ infanti oh (smack) e taccio.
Te pensa i du’ fratelli Mechetti quand’erin piccini…
Per me l’han divezzati nel collegio delle Torsoline,
vestiti a marinaretti po’ un c’è lapis pe’ disegnalli.

“Che t’è arivata la flotta?”
Mi fa la Mariola de la ‘Ampana
“E te che t’è arivato?”
“Una mandata di ‘alzoni riulati”
I tui sembrino svizeri quando un passino la cioccolata col buro.
Unne le mando miga a dire.
Eh…Puliti?!? Ma scherzi o dici sul serio?
Te vieni davanti la mi’ porta,
quando vedi sorti’ quattro nuvole di profumo spray,
lì dentro c’eno i mi’ bagnanti.
Bagni boni eh…oh…

Camerino singolo presso lo stabilimento Lelia,
e non gli manca niente:
palette, secchiello, costumi, accappatoi, pinne acquatiche.
Locali serali, te li ripassin tutti:
alla Risacca e da Tito son di ‘asa,
e da tanto che sono assidui,
Sergio, l’ha missi persino sotto la mutua;
e loro lì un en di velli che s’abbuffino oh…
Cucina classica, che brodi,
che consumè, che ristretti.
Savoiardo nel caffellatte:

lo inzuppino, lo levino senza fanni fa’ ‘na grinza.
Ni dio sempre al mi marito:
“Te guarda e impara!”…Allù ni si tronca subito.
Consumin poga luce
non ti sfondino il sofà,
un alzino la voce
un li senti litiga’,
o cosa datti pace
un t’offende
un aggaglia’,
a dillo mi dispiace
ma di più un so pol trova’.
Bagnanti, bagnanti
di velli da falli imbalsama’.
Quindici giorni dopo…

Un mi parla’ più de’ bagnanti, nati da ‘n cane
unne vol senti’ manco l’odore,
accidenti al giorno che me li so missi fra le ‘osce!
Delofio che troiaio…
Appetto a loro il baroccio del pattume è acqua di ‘olonia,
questi popò di pidocchiosi, oh..
Oh un si rivince;
in casa mia ci sembra il Metato,
o un t’è venuta anco la sociora…
questa popò di befana,
un ce la fai mai a capi’ se sia a sede’ o se sia ritta.
Pare il matuffo di fondo,
quello che un c’alligna né il sugo né il formaggio.
L’altro giorno n’è scoppiato un cecchio chiappino
e m’ha rotto tutti i vetri della credenza,
pareva fosse scoppiata la bombola del gasse!
Brodini!?!
Ma nemmeno co’ dadi per fa il gioo dell’oca,
da vel tavolino lì un fil di fume un cel’ho mai visto leva’;
cartocci tanti…
A ridanni primitive sembianze
a le mortadelle che t’ahn mangiato loro lì,
c’è da fa le ‘orse de’ micci per tre anni!

Altro che consomè,
m’han diluviato persino i lupini della tombola!
Però bella mi te ci vol coraggio,
un c’è più un bricco sano ne un laveggio,
ti rubbino le groste del formaggio
po’ vanno a parla’ male di Viareggio;
mangin tutto co’ le mane
v’abbuffate d’affettato
a giorni sani,
di vino non ce n’è manco annacquato.
E un piange bella mi te:
a bagni boni?!?

Ma lù a tre dita d’unto nel colletto,
bagnature del brevio:
rimpiattino i vestiti tra poggioni,
e si vanno a sgruma’ dietro al moletto;
uno spazzolino da denti in quattro,
e con un pelo solo,
la sociera si struscia le gengive col manio.
Loro lì si lavino col “Caamai”?
Loro lì si lavino si ma col “caasempre”,
Di già i bamboretti en pieni di groste,
brutti e mal levati;
m’hanno riempito le matrasse di gore,
e po? Con la carbonella m’han scritto su la porta del comodo:
“Viva la potta color puce dell’Assuntona”
Io un mi contenterei d’altro,
ma la soddisfazione di sape’ come han fatto
a indovina’ il colore, me la vorei proprio leva’.
Hai capito che razza d’infanti, e le’ fa la faina…

Col su’ marito litiga a nottate
si senti certe ‘ose che un ti dio,
allù ni garba da’ dell’attastate
però com è lullì un ci fa paino.
Oggi ho detto al mi’ Nerone:
“Un rimedio caro mio,
presto s’impone,
o vanno fori loro o scappo io!”
Palle in su lostemma?!?
Ma velli lì un son neanco cogliombari col varicocele!
Toh! Per te e tutti velli di Pievesenatico.

Quel che sbrodola il filosofo
tu non lo credere, non è la verità,
Bartolini fa il fotografo
e il Taccolino invece vende il baccalà;
chi s’arrabatta all’estero
vuol di’ che è nato qui,
chi ‘un vol passa’ da bischero
vuol di’ che è nato qui.

La potassa fatta in bricioli
se non la mescoli almeno per metà
con lo zolfo dei fiammiferi
Sabato Santo stiocchi oh bimbo ‘un ne poi fa’;
chi non aspetta il sabato
per di’ che ‘ni stai lì
ma ti sfa ‘l muso subito
vol di’ che è nato qui.

Cento case e una via (cento case e un via, dove c’è anche la mia)
dove c’è anche la mia (cento case e una via dove c’è anche la mia)
dove nasce una storia ogni dì
la mia Viareggio è made in Italy.

Cento case e una via (cento case e un via, dove c’è anche la mia)
dove c’è anche la mia (cento case e una via dove c’è anche la mia)
dove nasce una storia ogni dì
la mia Viareggio è made in Italy.

Oggi va di moda il cosmico
Mercurio e Venere galassie da scrutà,
tutto nacque da Copernico
ma dell’immenso ancor ben poco si sa;
ma chi senz’esser astronomo
quando ‘un ni dice sì
sa che i coglioni girino
Vuol di’ che è nato qui.

Caschin già le foglie a’ platani
di vi alle Ceneri hai voglia d’arrancà;
tra gli scogli i primi totani
teneri ‘un sono sposa falli sbollentà.
Chi della vita il bandolo
accosterà ogni dì al volo di un coriandolo
vol di’ che è nato qui.

Cento case e una via (cento case e un via, dove c’è anche la mia)
dove c’è anche la mia (cento case e una via dove c’è anche la mia)
dove nasce una storia ogni dì
la mia Viareggio è made in Italy.

Sarà la sorte ingrata
o il flusso della luna
se un te ne imbrocco una
da cinquant’anni in qua,
ma se nella nottata
ho fatto sogni strani
speriamo che stamani
qualcosa cambierà.

Mi levo, mi lavo, mi voto, mi vesto,
l’orzoro non bevo per fare più presto;
in fabbrica scapolo un vero pestaggio
perché c’è lo sciopero a gatto selvaggio.
Vorrei fa’ un macello, ma dato che son solo
con canna e secchiello ti vado sul molo;
mi metto alla pesca, l’igiene s’impone
mi vol vedè l’esca, misura il ciortone.
Siccome risulta più in là di una spanna
mi fanno la multa, mi levin la canna
ariva un agente: via di filato!
Dal Ponte Girante al Commissariato.
Al Commissariato c’è il mi’ Salvatore
Perché ha smoccolato il su’ professore.
In via Bonarroti Santoro m’allenza
“Se il sette mi voti…”dio che mi fai?
Dice lu’ ”ti curo a credenza”.
O Ernè, lascia perde’, son pieno di guai
traverso col verde, m’investe il Gattai;
qualcuno si adopra per dammi una mane,
ma scivolo sopra la ciotta di un cane.
Rincaso depresso, che trovo in cucina?
Il solito lesso con la grandinina.
Fra il pranzo e la cena non cambia la storia
né nicchi, né rena, né pace, né gloria.

Delafia che giornata!

Sarà la sorte ingrata
o il flusso della luna,
se un te ne imbrocco una
da cinquant’anni in qua.
Ma se la mi’ giornata
è andata a pippa nera
speriamo che stasera
qualcosa cambierà.

La televisione fra strisce e rumori
mi mette il fottone così sorto fori.
Ti vado in un cine “Sparate a Calisto”
ma dopo du’ scene…oddio l’ho già visto!
Ci son le elezioni, Viareggio è impiastrato
di mille illusioni perciò il candidato
palanche a bigonge promette al comizio
però se un t’arangi finisci all’Ospizio.
A chiude l’Ufficio Gragnani si pone.
Al bar di Vinicio c’è Prome in quistione
e come argomento c’è il caldo che ‘un viene,
i danni del vento, la lira che ‘un tiene.
“La scienza al domani dà già un avvenire”
ribatte il Verciani, ma è inutile dire…
dall’umile ancella all’esile Isotta
la cosa più bella…lo posso di’? Sì!!!!
Rimane la potta!
E a me certe ‘ose mi mettin paura,
qualcosa mi cresce, ci vol l’avventura…
Ti passa una mora in minibraette,
somiglia alla Dora che sta alle Focette;
accanto alle scole stendemo il contratto
ni do quanto vole, ma giunti sul fatto
la Mora m’artiglia: “sei bello nostromo…”
ma appena si spoglia ti scopro che un omo!!!

Delafia che serata!
Sarà la sorte ingrata ecc…

L’afferma il mi’ nonno che ha già novant’anni
soltanto nel sonno ti scordi l’affanni.
Nessuno a tal detto può far la protesta,
se elimini il letto m’hai a di’ che ti resta….
Mi devo sbucchiare già fin dal mattino
mi fanno un affare che pare un conchino.
T’arivo alla sera con l’acqua a paioli
così ‘un vedo l’ora d’andà fra i lenzuoli.
Però non appena t’appitoro l’occhi
la mi’ Filomena mi stuzzia i ginocchi
Stiracchia il saccone, mi dice “tesoro”…
mi sento un cappone, mi tocca fa’ il toro;
a fatto compiuto m’agghiozzo di botto,
ma dopo un minuto mi dà un pizziotto,
la Mena in caldana è un vero flagello…
Oddio! Mi richiama… risuda Raffello!
Ridotto una ciornia dal bis accordato
mi piglia una dormia da superdrogatom
ma un certo strizzotto t’arriva nel sogno,
mi levo di scatto per via di un bisogno
Amato in gaina ce la col Del Frate
la notte cammina, le tre son passate
ritorno nel letto per quel che rimane,
ma appena en le quattro mi sveglin le campane!

Delafia che nottata!!!!

Sarà la sorte ingrata
o il flusso della luna
se ‘un te ne imbrocco una
da cinquant’anni in qua.
Ma se la nella nottata
ho fatto sogni strani
speriamo che stamani
qualcosa cambierà.

Nel paese del mio passato
c’è una barca: la Santa Terè,
cento viaggi caolino e fosfato,
altri cento di grano e caffè.
C’è la rondine e il grillo,
la trottola e il prillo,
c’è il granchio e il nasello,
c’è il bamboro in collo.
Fra giorni di luce,
fra notti di pace,
c’è gente felice
di vivere qui.
C’è un fratino che ha solo una tonaca
e c’è una domenica
fatta così.

Domenica al mio paese
botteghe chiuse,
ma aperte le Chiese.
Le Marinelle, le Berte, le Rose
son più vanitose
che gli altri sei dì.
Vieni Guglielma portiamo i ragazzi
fin sotto i palazzi
del viale Manin.
Una granita piuttosto modesta
ed il giorno di festa
finisce così.

C’è la piazza dei marinai,
quelli vecchi che non viaggiano più,
le tempeste, le femmine, i guai,
i ricordi del tempo che fu.
C’è laggiù una paranza,
c’è il vento che aronza.
Puleo con la ganza
che va in diligenza.
Fra giorni di luce,
fra notti di pace,
c’è gente felice
di vivere qui.
C’è una polla che viene giù anemica
e c’è una domenica
fatta così.

Domenica al mio paese
botteghe chiuse,
ma aperte le Chiese.
Le Marinelle, le Berte, le Rose
son più vanitose
che gli altri sei dì.
Vieni Guglielma portiamo i ragazzi
fin sotto i palazzi
del viale Manin.
Una granita piuttosto modesta
ed il giorno di festa
finisce così.

Nel paese del mio passato
c’è la casa ove nata sei tu.
Sale ancora l’odor di bucato
da un conchino girato all’ingiù.
C’è profumo di nicchia,
c’è un pozzo e una secchia.
C’è un torzo e una bucchia,
c’è un gatto che invecchia.
Fra giorni di luce,
fra notti di pace,
c’è gente felice
di vivere qui.
C’è un budello che pare una monaca
e c’è una domenica
fatta così.

Domenica al mio paese
botteghe chiuse,
ma aperte le Chiese.
Le Marinelle, le Berte, le Rose
son più vanitose
che gli altri sei dì.
Vieni Guglielma portiamo i ragazzi
fin sotto i palazzi
del viale Manin.
Una granita piuttosto modesta
ed il giorno di festa
finisce così.

Testo totalmente sbagliato

Il trenta di settembre già gli schicchi,
matrasse da rifare ci calo i nicchi.
Il trenta di settembre farina e staccio,
per tutto il lungomare non passa un nicchio.
Il bagnino smonta i teli, il turista se ne va.
Si ritorna ad esser soli per le vie della città.
Fra pinacci e le rossine
il ricordo svanirà
di un’estate senza fine per la casa d’affittà.
Fra gallonzori, sorrie, ceoline, fra miserie e nobiltà,
Fra un odore di mondine, carnevale arriverà.
E viareggio, mattacchione, tra finzione e tra realtà.
Sulle cose, le persone a scherzare tornerà

Pigliarsela che vale, amico mio
Chi sfotte in carnevale, non paga il fio
Sul letto di Giocondo io sto sdraiato
Per ridere di un mondo tutto sbagliato
Un chirurgo fa il pittore, ma chi sia non lo dirò
Un legale fa il tenore, ma di petto non ha il do
Don Cinquini è cavaliere, ma il cavallo non ce l’ha
Il Donati è consigliere, ma consigli non ne dà
Tolome son sen sapia, il presente mai non c’è ???
I partiti un van mai via, i casini un fanno e bastre
Il baiocchi un ha quattrini, salimbeni scende giù
Un fa ovo il Pollastrini
Con lastrini e bottigli un puzzi in piu

di fuori sembri nera, povera Gigia
Ma sotto la pancera sei tutta grigia
il mondo è sempre stato in contraddizione
Viareggio che peccato non fa eccezione
nelle orse intorno a un pino alle sei di giovedì
Cortopassi arrivo primo
Gambalunga è sempre lì
il Pardocchi non ci vede il Guercione invece si
i Fedeli in senza fede e giu cicce il venerdì
il cervello si rinviene
Se lo die perché lo so
il Malfatti infatti beve mentre belli proprio no
Angelino il Buonaccorsi di soccorsi un te ne dà
mentre Giacomo lo Sforzi, tanti sforzi un li vol fà

Da quando Beccofino sfondò un tegame
Del vero viareggino si è perso il seme
Ora mi parte il treno prepara cena
Lo sai che gode meno chi un si dimena

Il del Cime sempre in fondo,
il Del Dotto poco sa
Felicetti un è giocondo, il Guidoni un sa guidà
Che riconi un serve messa, il Del Papa non è re
Il Del Frate un ti confessa, perciò assolviti da te
Il Pescaglie un pesca arselle, il Del Sarto un fa gilè
Il Dalpino un da pinelle, il Didere un c’ha il bidè
Fumi un fuma, Monti un monta, Conti un conta, Vanni un va
Alle scarpe Navimonta, Ciabattini un te le fa,
Il Balena sol naselli ???
Il Leoni sono Agnelli, ma che ???

Nel paese dei misteri, mezzanotte e mezzodì,
quasi sempre biondi e neri, el Del Magro e Grosso sì,
il Belluomini un fa tivo, perché troppo demodè,
il Gattai un ti piglia un topo, ma soltanto le cupè,
se in salali e l’Angeloni, il perché vallo a capì,
solamente lì zucconi un si spostino da lì,
il tincore un te la da
alla scuola dell’amore il Del Fava un ci sa fa
Il Del Monte è nato al piano
il Bel Fanto un sa sparà
??? repubblicano
il Sor Mario non si sa

Scordati, tolino, prendi il primo treno, vieni amore mio
Qui non c’è la mole, ma tre case al sole e poi ci sono anch’io
Se con Carlo Alberto non hai più rapporto, rompi l’unità
Se rimpiangi il valentino, più c’è più di un pino che ha la stessa età
Se rimpiangi il valentino, più c’è più di un pino che ha la stessa età

Il mio paese è il più bello del mondo,
da solo un mondo di mille città ???

Le città pensano a milan peconi che riman su via, vieni amore mio
Qui non c’è la nebbia, qui non ti ferrabbia e poi ci sono anch’io
La tua madonnina d’ora è piccina, resti dove sta? ???
C’è un’altra con le mani piena di gabbiani che ha la stessa età
C’è un’altra con le mani piena di gabbiani che ha la stessa età

Il mio paese è il più bello del mondo,
da solo un mondo di mille città ???

Lascia perde Roma, non fa più la scema, vieni amore mio.
Là c’è sta chi magna, qui ce sta chi frigna e mo’ ci sto anche io.
E se il Colosseo fosse tutto tuo, te ne devi annà.
Senza vetri alla finestra, una casetta nostra ce sta pure qua.
Senza vetri alla finestra, una casetta nostra ce sta pure qua.

Il mio paese è il più bello del mondo,
da solo un mondo di mille città ???

Lascia sta Firenze, l’ombra a Freticence, vieni amore mio.
Tra il lungarno e il mare sai quanto ci corre, in mare ci sto io ???
Dice che il biancone sotto i cupoloni non ci vuol più star
Se vorrà la pittarella sa che è carrozzetta ???
Se vorrà la pittarella sa che è carrozzetta ???

Il mio paese è il più bello del mondo,
da solo un mondo di mille città ???

Scappa da Parigi dai suoi cieli vigi e vieni amore mio
Scappa da Sibiglia tanto la mantiglia te la compro io
Scappa dal Becchino tanto il mandarino cresce pure qua
E se il muro è lì vicino scappa da Berlino se ce la vuoi far
E se il muro è lì vicino scappa da Berlino se ce la vuoi far

Il mio paese è il più bello del mondo,
da solo un mondo di mille città ???

Caro figliolo, fazzoletto bianco ricamato che tu’ mà sventolava alla stazione quando partisti, è dentro il cassettone, e da vel giorno lì l’ha più lavato.
Voi sape di Viareggio, a malapena la puoi seguì con l’era del motore.
Là c’è la guerra, e qui c’è le signore, e l’imboscato che te le rimena.
E poi che c’è? C’è Labertini, è qui in convalescenza, piglia il sole, discorre col bagnino.
Ho parlato col conte di Torino per veder se ti mandino in licenza, fatti nuovi.
Be’, anche Beppino l’hanno richiamato. La Dele ha la renella, e a vende l’erbe in piazza del mercato ni tocca andacci alla tu’ zia Raffella.
Puccini è ritornato, l’ho visto in automobile saran tre giorni fa. Io mi vorrei sbaglià, ma dev’esse malato.
E noi? E noi siamo da d’Arsin oramai, la vera Elisa è un c’è bava di vento, e il nostro bastimento caro figliolo, ha navigato assai, io e la tu’ mamma semo all’ancoraggio, che le’ vorebbe andà sempre di ronda, ma dove vuoi la porti? Al patinaggio? Ma fa tuffi di testa alla rotonda, se il giorno è chiaro e se tua ma’ mi sgancia, s’arriva con l’amici sotto il faro, altro due passi fino alla bilancia e si fa a sera.
In quanto alle palanche cercamo di levassi dall’impacci, se d’inverno le sere sono bone vado a pescar due cieche, se stracca il’avarone, i coltellacci.
Eno magri l’affari bè mi te, vado a tirare la sciave e a far l’arselle, do una mano a Funari e raccatto pinelle e funghi se ce n’è.
E poche voi di nuova e di novella, hanno aperto un locale in passeggiata, la Rosa si è sposata e la via Garibaldi è sempre quella.
Torre Matilde, dove andavi a sferare da bamboretto perché dicevi insino no m’annoio, è sempre lì.
Ma il ponte levatoio lo rifarranno perché questo è stretto.
Caro figliolo, domani vado in capitaneria per la pensione.
Voglio il libretto, tienti te alla via, mollo a piglià di petto.
La vita è amara, è sciocca, un sacco di panio, ma è sempre meglio avella anche se grama.
Il primo bacio è il mio, il secondo è tu ma che te lo stiocca, il terzo te lo manda la tua dama
E mi firmo.

Fra quelle da salvare,
ma son solo chimere,
c’è il vecchio puttaniere con i baffi in su,
il cecchio sul sedere,
la canna del cristere,
le case di piacere dal soffitto blu,
le groste sulla chiocca,
le mosche sulla cacca,
la febbre in bocca e il buo sul parvesù,
le cosce della Checca,
il petto della Tocca,
l’uccello di Bistecca che non tira più,
il dente che fa male,
il trapano a pedale,
la nonna sul pitale a testa in giù.

Le cose da salvare sono queste
anche se rare
e le voglio raccontare per chi non le sa,
le voglio raccontare per chi deve qui
restare
a ridare un nuovo volto alla città.

I frignoli di Dario,
la bazza di Gregorio,
il naso che Valerio
ha preso da su’ pà,
lo zio col climaterio
che recita il rosario,
ma smoccola sul serio
se lo fai incazzà,
l’anello del tombino
che ha rotto Nazareno,
il puzzo del bottino
che ‘un si po’ levà,
la moglie di Gaetano
che moscia d’intestino
nemmeno il semolino
‘un ce lo fa a guantà,
il Gori detto Francia
che ha l’aria nella pancia
e quando sgancia trema la città.

Le cose da salvare sono queste
anche se rare
e le voglio raccontare per chi non le sa,
le voglio raccontare per chi deve qui
restare
a ridare un nuovo volto alla città.

La strada de’ tegami,
la Chiesa degli scemi,
il canto de’ salemi presso il Guarany,
la socera del Lovi
che fa la veglia a’ dami
se allunghino le mani per toccassi lì,
i giorni dell’amore
son quelli che hanno l’erre
l’ha detto il mi’ dottore, astieniti Batì,
lu’ ch’era stato in mare
ni leva le paure
dicendo vieni pure oggi è giovedì,
le palle rosso vino
di Rudi Valentino
ci sono già in vetrina di Scricchì.

Le cose da salvare sono queste
anche se rare
e le voglio raccontare per chi non le sa,
le voglio raccontare per chi deve qui
restare
a ridare un nuovo volto alla città.

La borsa un po’ ristretta
O zoccolo o ciabatta
colla tu’ sigaretta fammi fare un pè,
la Giulia e la Giuditta
du’ franchi la marchetta,
quanto ci fai oh Primetta
se veniamo in tre,
le sciolte indurite
con quattro limonate,
borsiti rintuzzate
con il vin brulè,
c’è il nonno di Tersite
che fede un l’ha mai avute,
però ha voluto il frate lì vicino a sé
al Camposanto oh donne
ci andrete lemme lemme
i soldi per il tramme non ce n’è…

Le cose da salvare sono queste
anche se rare
e le voglio raccontare per chi non le sa,
le voglio raccontare per chi deve qui
restare
a ridare un nuovo volto alla città.

Primavera son verdi le foglie,
son verdi le voglie,
son verdi i perché.
Con il sole che bacia le soglie
odiate spardiglie
non fate per me.
Oggi è il giorno di San Benedetto
e sotto il mio tetto sapete che c’è,
c’è una rondine bianca sul petto
c’è un nido già fatto
venite a vedè.
Colle fave c’è bono il formaggio
profuma Viareggio
di rose e pansè;
ogni sera nel bene di Maggio
d’amore un messaggio
purissimo c’è.
O gran madre del Cielo Regina
Viareggio s’inchina
prostrato ai tuoi piè,
io però le cantavo bambina
perché la scambiavo
Beppina per te.

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Al Balena ci vanno i signori
Salviati, Ginori, Bertolli e Garè,
al Colombo curati e priori,
le monache al Dori
dal tocco alle tre.
Pattaioni bisunti arroganti
un vò più bagnanti però sai com’è
semo poveri i debiti èn tanti
sensali su canti
pensate anche a me.
Ferragosto cornetti e briosce,
fra puppore e cosce
la ciccia che c’è.
Il patino, signora, non esce
col mare che cresce
rimane dov’è.
In carrozza, da Berto guidata,
da pogo è passata Madama Dorè
co’budelli dell’ultima ondata
va in giro agghindata
per falli vedè.

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.
Grigio autunno languori d’amore

le sere per ore
si stamo
a guardà.
Se domani ti porto a fà more
tu’ madre se occorre
Che cosa dirà?
Non badare se Egisto t’attesta,
non dire mai basta
fin lì ci poi sta’,
Ma se vol qualcos’altro, Mercede
lu’ prima di gode
ti deve sposà.
Di mi’ padre le lettere stinte
che scrisse dal fronte
pensando a mi mà.
Delle giostre le donne dipinte
dell’ottovolante
la velocità.
Del balletto, il costume azzardato
del cinema muto
le fatue beltà.
Il sapore del primo peccato
da me confessato,
ma solo a metà.

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Un presepio col Bamboro rotto
ci vole il panciotto
col freddo che fa.
La scabodda, la strega, ‘linchetto
l’orribile aspetto
dell’eternità.
La mi’ nonna sdraiata sul letto,
l’impiastro sul petto,
la tosse che ha!
Le’ vorrebbe arrivà a novantotto,
ma il medico ha detto
che un ce la farà.
La civetta ha cantato stanotte
spirata è alle sette l’Adele del Re
e in cucina da quando èn le sette
che odore di latte
bruciato che c’è!
Una croce, un lumino, un ritratto,
du’ fiori, uno scritto
lì dentro chi c’è?
C’è la vita;la vita, oh bimbetto,
che tutt’ad un tratto
s’è messa a sedè!

Miriordo
è il pensiero che vola,
vola verso una favola blu.
Miriordo
è quel banco di scuola
dove un giorno sedevi anche tu.
È la piazza davanti alla Chiesa,
è la mia con la tua gioventù,
è la debole lampada accesa,
la porta socchiusa
sul tempo che fu.

Le Darsinotte, le Chiorbe, le Matte,
Cacabullette chiamato perché
nello svotassi la fece in picino
ruppe un chiusino ed immagina te.
Pitoro, Ciottoro, Mattamaria,
la sora Mea, che a Viareggio venì
a fa’ la cura del sole a’ bagnetti,
ma ’bamboretti la fanno ammattì.

Bicchio, Bililli, Quartuccio, Ridanni,
ma di Pinanni non c’era che lu’;
stava dieci anni per fa’ le rimonte,
quand’erin pronte ‘un usavin più.
Lupodimare, che se ne credeva,
stette dal Bava trent’anni a studia’;
quand’ebbe i fogli ni denno un puntone
perse ‘l timone e lo fece affondà.

Che razza di nomicchiori
al tempo di mi’ pà
i viareggini andavano a inventà.

La Ceccarana, la Pepa, la Beppa,
la Mangiastoppa, la Bella Filiè.
La Bradamante, la Secca, la Spracca,
la Piritucca, la Tocca, la Tre.

Serba, Trenino, Raccattamalanni,
che per vent’anni ste’ lì per morì;
mentre ‘l Pardocchi, chiamato ‘l Ferone
d’indigestione in tre giorni partì.

Cecco di Bocco per ‘un sentì male
all’ospedale ‘un ci andava perciò
se aveva un cecchio che ‘un ni maturava
se lo sturava col tirabusciò.

Come son bello Ma rullo diceva
ma ‘un si sposava per ‘un dimagrì;
po’ per ‘un fassi ammuffì la conserva
sposò una serva, ma ‘un se ne servì.

Che razza di nomicchiori
al tempo di mi’ pà
i viareggini andavano a inventà.

Vinci, Maino, Bignatta, Strinetti,
che da bimbetti si fece penà
impallinandosi con i veccioni
quando a’ poggioni s’andava a sferà.

Beppe D’Aguglia, chiamato Medaglia,
perché in battaglia voleva perì,
ma al primo colpo ‘un riuscì a danni volta,
prese la sciolta e sfilato morì.

Lezzora, Pipporo, Guastafaccende,
Sfondamutande, chiamato perché,
se le faceva di tela da tende
per ‘un ispende le cuciva da sé.

La Rubbapane, la Schiacciapidocchi,
la Piantasecchi,l’Aiutimi te,
perché la sfilza di nomi condita
sembra finita e finita non è.

Che razza di nomicchiori
al tempo di mi’ pà
i viareggini andavano a inventà.

Tacio, Tallito, Trebesto, ‘l Digiuno,
che manco un pruno poteva assaggià;
n’era viensuto a un cogliombaro, un nodo
e c’era modo di fallo operà.

Stoppa, Guazzini, Sciapino, Trivella,
ganzo di vella che venne in città
a vende’ l’ova da un’altra provincia,
ni restò incinta e si fece sposà.

Tappio, Tramonte, Cianella, Puzzino,
che nel bottino t’andiede a cascà;
‘un servì a nulla lavallo co’ ranno
ste’ per un anno Puzzino a puzzà.

Pippo, Mondina, Tanasio, Capocchia,
la Bagalocchia, la Biasciamascè,
la Bella Rò che coll’acqua di Stiava
ci si lavava indovinelo te!

Che razza di nomicchiori
al tempo di mi’ pà
i viareggini andavano a inventà.

Quella persiana un po’ stinta
non era che finta,
quel vecchio caffè
con il poncino al bicchiere,
con l’oste a sedere, la briscola in tre,
della chiesetta Ulivieri, Maria dei dolori
pregate per me,
ne han fatto un gran caseggiato
Gesù se n’è andato,
ma c’era un perché.

Di questo paese rimpiango le cose
che come rose sfiorirono ma
in piazza Viani
c’è sempre una polla
che è simile a quella di tanti anni fa.

La primavera che bussa,
la vecchia rimessa, pariglie e landò,
dove l’albergo Del Sole,
quel nido ospitale
ma piccolo un po’,
dov’è la camera buona
con la mantovana
di tela bordò,
il letto in ferro battuto,
il soffitto affrescato tarmito il comò.

Di questo paese rimpiango le cose
che insieme alle rose sfiorirono ma
dov’era il Casino al fosso bagnato
Viareggio è restato a un secolo fa.

Le biciclette dell’era,
piacere di un’ora, ma niente di più,
le scale senza ringhiera,
la stessa paura che avevi anche tu,
la farmacia con la senna,
la vecchia Corinna coi falsi bijoux,
mentre in salotto mia nonna
serviva la panna
nei suoi rendez-vous.

Di questo paese rimpiango le cose
che insieme alle rose sfiorirono ma
il ponte girante, sentiero sul fosso
è sempre lo stesso di cent’anni fa.

Ormai sepolta dai pini la torre Bottini
più storia non fa,
più non la fanno i lampioni,
le antiche emozioni, le antiche ansietà,
non più la gente pulita
che prende la vita così come sta
come ogni giorno che viene
col male e col bene divisi a metà.

Di questo paese rimpiango le cose
che insieme alle rose sfiorirono ma
in piazza Ragghianti c’è sempre un terrazzo
che vide un ragazzo cinquant’anni fa.

In questo paese sapore di sale
c’è sempre quel sole, c’è sempre quel sole.

In questo paese ovunque tu vada
c’è sempre una stradadi tanti anni fa.

In questo paese c’è sempre il mio cuore,
l’ho dato al mio amore per l’eternità.

Le cartoline illustrate
lacci, lamette e gilet
le saponette scartate
cianfrusaglie demodé
pettini e carte bollate
crema da scarpe nugé
pale, secchielli da estate
e tabacco da frate
Tre Stelle per me.

Quell’appaltino antiquato
di cinque metri per tre
la scorsa notte ho sognato
sono entrato insieme a te.
Sale dal tempo passato
triste un rimpianto perché
con l’appaltino antiquato
qualcosa è finito
anche dentro di me.

Via Garibaldi
piena di soldi
soldi per vivere
e fare l’amor.
Ci sono nato
non ho scordato
le dolci e tenere
cose di allor.
Ti sorridevo
rammento, lo so
per quel che avevo
e che adesso non ho.
Via Garibaldi
prestami i soldi
devi comprare una casa al mio cuor.

Decorazioni ufficiali
nastri, galloni e chepì
aquile per federali
bamboline di bisquì
fregi, speroni, stivali
domini e cipria cotì
la rinascenza Natali
non ebbe figlioli
e per questo finì.

Sul mare il cielo si arrossa
mi siedo al bar Guaranì
guardo la gente che passa
e ripassa tutto il dì
solitamente la stessa
più ricercata che chic
quella signora un po’ grassa
non è una contessa
ma un bricco di qui.

Via Garibaldi
piena di soldi
soldi per vivere
e fare l’amor.
Ci sono nato
non ho scordato
le dolci e tenere
cose di allor.
Ti sorridevo
rammento, lo so
per quel che avevo
e che adesso non ho.
Via Garibaldi
prestami i soldi
devi comprare una casa al mio cuor.

Quanti quaderni a quadretti
che comperavi anche a tu
dal vecchi nonno Michetti
foderine gialle o blu.
Lui non fumava i minghetti
come Camillo Cavour
beveva solo i corretti
ma quelli ristretti del tempo che fu.

Fogli di carta stampata
a trenta passi più in su
di Bociorino l’entrata
da una vita non c’è più.
Sulla tribuna illustrata
il terremoto in Perù
e in una prima puntata
la storia segreta
di un certo Landrù.

Via Garibaldi
piena di soldi
soldi per vivere
e fare l’amor.
Ci sono nato
non ho scordato
le dolci e tenere
cose di allor.
Ti sorridevo
rammento, lo so
per quel che avevo
e che adesso non ho.
Via Garibaldi
prestami i soldi
devi comprare una casa al mio cuor.
Via Garibaldi
prestami i soldi
devi comprare una casa al mio cuor.

Bianconeri squadra del cuore mio,
oggi coi tuoi ragazzi sul prato verde ci sono anch’io…
del mar che ti circonda, irrompi come un’onda,
del piede fai una fionda Viareggio gol…
Viareggio gol il nome tuo tra i pini viverò canterò,
come una musica ovunque andrai ti seguirò,
ogni domenica,
la mia passione al vento spiegherò,
corri così sull’ala del mio cuor, corri sul prato verde…
il gioco tuo rimane e vinci per chi ti t’ama Viareggio gol…

Bianconeri squadra del sogno mio,
oggi le tue speranze sul prato verde le vivo anch’io,
per ogni vecchia gloria, che scrisse la tua storia,
portaci alla vittoria Viareggio gol…
Viareggio gol, il nome tuo tra i pini viverò canterò,
come una musica ovunque andrai ti seguirò,
ogni domentica,
la mia passione al vento seguirò,
corri così sull’ala del mio cuor, corri sul prato verde…
il gioco tuo rimane e vinci per chi ti t’ama Viareggio gol…

Viareggio gol – la la la la la
lalà lalà

La mia passione al vento spiegherò,
corri così sull’ala del mio cuor, corri sul prato verde…
il gioco tuo rimane e vinci per chi ti t’ama

Viareggio gol gol gol
(Boato)

Du’ palle di cascellore,
du’ bodde, du’ ciottellore,
du’ pillole, du’ tillore
col tè.
Du’ panni messi a stendere,
du’ fiaschi vuoti a rendere,
du’ strappi da riprendere
al gilè.

Du’ danni da rifondere,
du’ pecche da nascondere,
du’ lillori da spendere
perché
le cose non ti scappino
però se in due s’accoppino
mi devi dì la vita che cos’è!

Viaregginella
in cima al molo
ci son io soltanto solo,
solo con le cose mie,
ma anche noi saremo in due
se stai con me.

Du’ foglie che tramontino,
du’ donne che s’incontrino,
du’ nuvole che montino
laggiù.
Du’ vecchi che raccontino,
du’ viaggi che rammentino,
du’ cosi che ormai stentino
‘andà su.

Du’ micci che si puntino,
du’ denti che ‘un ispuntino,
du’ rondini che cantino nel blu.
Le cose non ti scappino
Però in due ‘un s’accoppino,
la vita bel mi te non serve più.

Viaregginella
in cima al molo
ci son io soltanto solo,
solo con le cose mie,
ma anche noi saremo in due
se stai con me.

Du’ vele, du’ trabaccoli,
du’ marinai, du’ moccoli,
tirati a’ Santi piccoli
e più in là.
Du’ chiese con du’ steccoli,
du’ arcili, du’ trabiccoli
da sfa’.

Du’ bimbe con du’ boccoli,
du’ donne con du’ zoccoli,
du’ serve di Lantroccoli
e si sa.
Le cose non ti scappino,
però se in due s’accoppino,
la vita mi sai di’ cosa ti da.

Viaregginella
in cima al molo
ci son io soltanto solo,
solo con le cose mie,
ma anche noi saremo in due
se stai con me.

Du’ lettere per Cagliari,
du’ culle, du’ sonagliori,
du’ cuffie, du’ bavagliori
e fra un po’
du’ bamboli su sogliori,
du’ caccole, du’ brugliori,
il tempo sembra migliori
perciò.

Du’ mucchi di pinugliori,
du’ notte fra du’ tigliori
che acchiappin du’ conigliori
al ghindò.
Le cose non ti scappino
però se in due s’accoppino
la vita più che sì ti dice no.

Viaregginella
in cima al molo
ci son io soltanto solo,
solo con le cose mie,
ma anche noi saremo in due
se stai con me.

Le strade con gli aranci,
la via Da Vinci, la via Manin,
autentica signora vestita ancor di liberty
entra la porta è aperta…
buongiorno Augusta, che mi voi di’?
Imprestimi un ciuccino,
c’è in mi’ Sandrino che ‘un vol dormì.

Viareggio sei cambiata,
non ti conosco più,
venduta o barattata
sotto il tuo cielo blu;
di te non è restata,
mia piccola città,
nemmeno una facciata
di cinquant’anni fa.

Amore dietro il canto,
un bacio spinto darle non so,
so di un lampione spento
e chi l’ha spento questo lo so;
è timido l’incanto,
si fa soltanto quel che si può,
il resto verrà quando
sull’Alessandro imbarcherò…

Viareggio sei cambiata,
non ti conosco più,
venduta o barattata
sotto il tuo cielo blu;
di te non è restata,
mia piccola città,
nemmeno una facciata
di cinquant’anni fa.

I pizzi di San Gallo,
il pappagallo di Zi’ Terè,
i bamboretti in collo
velluto giallo sul canapè.
Gli orti con le mimose
son fra le cose che
più non ritrova Bocco,
tornato vecchio da Santa Fè.

Viareggio sei cambiata,
non ti conosco più,
venduta o barattata
sotto il tuo cielo blu;
di te non è restata,
mia piccola città,
nemmeno una facciata
di cinquant’anni fa.

Dov’è Viareggio timida
di cinquant’anni fa,
col buccellato al comodo
e’l pozzo da stasà.
Dov’en finiti i groncioli
per fa la panzanè,
la cena co’ ballocciori
e un salacchino in tre.

I pippori, le puppore,
le toppe sul sofà,
i caldanini, i canteri,
le scarpe a trainanà.
Le lendine, le caccole,
l’arcile, il canapè.
Le bucchie, le cimbraccole,
la lippa e ‘l catafè.

Che fine han fatto ‘billori,
i bruglioli, ‘l ghindò.
I semelli de’ Bamboli,
le chiappe dell’Angiò.
Di bodde e di ciottellore,
di ghiande del Perù.
Di pasimate e tullore
non se ne parla più.

Col triccheballacche
del tempo che muore
cantando rivado
l’antico colore.
E dal mondo che va così
per trarmi d’impaccio
lo sai cosa faccio?
Non dicendo che ciò che è cambiato
sia del tutto, del tutto sbagliato
io non vengo tacciato da ingrato
e beato ricordo i bei dì.

Lo zipolo, lo zenzero.
Sdilezzora un po’ vì.
Leva le seme al combalo,
un mi fa agganghì.
Mi s’è sturato un frugnolo,
il ciuccioro dov’è?
O Gavinosa, ‘l bambolo
pistellelo un po’ te.

Le zizzole, le ciocciore,
i fagioli da sgranà.
Fra mignori e mignagnore
passò la bella età.
Cadori e calapugnori
L’asfalto cancellò.
De’ ciottorini e ‘bignori
Ognuno si scordò.

Trabiccoli e ammenniori
han preso ormai la fè.
I tangheri, i belliori
con tutto il ciriè.
Ha detto bene ‘l Meccheri
dal novecento in su
Viareggio senza caccari
un si conosce più.

Col triccheballacche
del tempo che muore
cantando rivado
l’antico colore.
E dal mondo che va così
per trarmi d’impaccio
lo sai cosa faccio?
Non dicendo che ciò che è cambiato
sia del tutto, del tutto sbagliato
io non vengo tacciato da ingrato
e beato ricordo i bei dì.

I barbagianni, i moccoli,
mutande da sgrumà.
I peneri, li zoccoli,
capò da sbatacchià.
Non più a sedè su’ sogliori
da molti lustri in qua.
Baldorie co’pinugliori,
sacconi da rifà.

Va dal barbiere e tositi,
spidocchiti, Miè;
piglia ‘l bruschino e sgrumiti,
più leti non ce n’è.
Un ti lisà più ‘gomiti
goiate non ce n’ho.
Un t’ingubbià po’ vomiti,
cristeri un te ne fo.

Oggi ho ingollato un noccioro,
a letto devo sta’.
Mi s’è ‘mpiombato ‘l coccioro
ho voglia di oncà.
Va al monte pegni e spignora
la giacchettina blu,
risciacquiti la gnagnora,
che non ne posso più.

Link utili

  • La tabella con tutte le canzoni del Carnevale di Viareggio la puoi trovare a questo link.
  • L’albo d’oro delle canzoni del Carnevale di Viareggio è riportato in questa pagina.
  • I testi delle Canzonette dei Rioni li potete trovare in questa pagina.